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Migranti in aula Cescot: le loro storie

Tre dei partecipanti alla scuola di mestieri si raccontano

03 maggio 2016

 



Raymond, Goodluck, Karamo. Tre nomi, tre volti, altrettante storie. Tre dei 18 partecipanti alla scuola di mestieri in programma a Siena tra marzo e maggio 2016, per iniziativa di Migranti San Francesco Onlus, Universita per Stranieri e Cescot Siena. Tre, tra gli oltre seicento migranti regolarmente censiti nelle 17 strutture di accoglienza allestite in provincia di Siena; tre sulle centinaia di migliaia che ogni anno – e negli ultimi anni, in misura esponenziale – si affannano a cercare futuro in Italia o nel resto d'Europa. Storie fotocopia l'una dell'altra, per certi versi; ma mai uguali fino in fondo.

 

 

 

 

RAYMOND, GOODLUCK, KARAMO: TRE STORIE DI PARTENZA

 

 

 RaymondRaymond, ad esempio, benché a prima vista sembri il più giovane dei tre, ha 27 anni. E' nato in Ghana, ed è arrivato in Italia nell'aprile del 2014  transitando dalla Libia. “Eravamo 96 persone in barca – ricorda – non avevamo né da mangiare né da bere, tantomeno medicine. E tre di quelle persone sono morte”. Approdato in Sicilia, dopo qualche settimana è stato trasferito a Chianciano, ospite assieme ad altri rifugiati di una struttura alberghiera; e poi da lì a Monastero, accolto dall'omonima Fondazione Onlus. La sua dimora più recente però è a San Benedetto, Siena Nord.



Goodluck invece arriva dalla Nigeria. Ha 23 anni: con un faccione tondo pronto al sorriso e quel nome che in inglese significa “buona fortuna” è arrivato in terra di Siena (Monticiano, poi le Tolfe) giusto un anno fa, passando anch'egli per Libia e Sicilia. Così come Karamo Suwareh, 20 anni, altezza e fisico da cestista, arrivato dal Gambia. Vittima di una rapina andata a vuoto (“mi chiedevano soldi e cellulare, ma non li avevo” dice), a lui in Libia hanno anche sparato alle gambe: due colpi, per fortuna a segno solo di striscio.

 

IL LAVORO

 “Dopo aver terminato la scuola superiore nel mio paese ho lavorato per tre anni in un ristorante – racconta Raymond – poi ho fatto il muratore per due anni a Wadiribia, in Libia. In quelle zone il lavoro ci sarebbe. Ma c'è la guerra, tanta violenza, quello è il problema. Per questo poi ho dovuto spostarmi in Italia. E sinceramente da qui non vorrei muovermi, almeno a breve. Qui c'è pace davvero. Mi piacerebbe darmi da vivere qui, magari in un ristorante”.

 

Goodluck aveva lavorato in patria in un prestigioso hotel della capitale Lagos, il Cumberland: a ingaggio 

Goodluck

 terminato è partito. Neppure lui sogna un ritorno in patria a breve, ma i suoi obiettivi professionali sembrano più indefiniti, o più aperti. Dal corso Cescot ha acquisito con entusiasmo le nozioni di cucina, ma a Goodluck si accendono gli occhi soprattutto a proposito della lingua e la cultura del nostro paese: “mi sento felice quando riesco a parlare velocemente in italiano”.

 

 

 

 

 

Karamo dei tre è quello che si esprime peggio nella nostra lingua, che tuttavia è solo l’ultima nell’ordine che impara dopo inglese, tedesco e una manciata di idiomi autoctoni del suo paese. Dei tre lui è anche l'unico che già sogna un futuro in patria: “in Gambia il turismo è già la prima risorsa, abbiamo la Smiling coast of africa che attira molti europei, anche se pochi italiani per ora. Vorrei fare un po' di esperienza utile per poi tornare e avviare un agriturismo, una formula che è già sviluppata anche da noi. So tuttavia che non potrò farlo prima di 5 o 10 anni”.

 

L'ITALIA.

 

“In questi mesi qui ho scoperto la banca più antica del mondo, cose come il Duomo o la Fonte Gaia che da noi non ci sono” racconta Goodluck. Che ama la musica hiphop, e nelle lunghe giornate da richiedente asilo spesso si esercita come cantante.  A Raymond piace anche il pop italiano: è lesto nel far partire col telefonino la musica di “balla con me”. Gioca a calcio con la squadra internazionale della Migranti San Francesco, la formazione ufficialmente lodata dal Questore di Siena in occasione della festa della Polizia 2016 per "gli ottimi risultati sportivi e il comportamento esemplare dei giocatori". Ha visto una volta il Palio e se ne dice affascinato, come Karamo: “ne avevo sentito parlare già in Gambia, ma quando mi ci sono trovato ho trovato una cosa più bella di quello che pensavo, soprattutto per i preparativi e i dettagli”. Lui al calcio preferisce il basket.

 

 Karamo

DIGNITA'.

Dell'Italia e degli italiani non hanno nulla da ridire: dicono che non c'è niente che in questi mesi li abbia feriti o messi a disagio. “Abbiamo amici italiani” dicono più volte, e citano le persone che tramite la Onlus e non solo si alternano a passare qualche ora con loro, facendo pratica di italiano. Altrettanta soddisfazione la esprimono per la scuola di mestieri appena frequentata.

 

Ai loro occhi tutto ciò che qui ci circonda, l'ambiente e le persone, sembrano idilliaci. Loro si stupiscono in positivo di noi e del nostro habitat quotidiano, che invece è  per noi giornalmente motivo di lamento, angheria, frustrazione. Viceversa, noi ci stupiamo di loro, della loro compostezza ed educazione; della dedizione con cui, giorno dopo giorno, hanno seguito le lezioni del corso, dedicando ad esse un'attenzione spesso proibitiva per chi frequenta gli altri corsi che in quelle stesse aule si svolgono nel resto dell'anno. Viene da stupirsi anche per la la dignità con cui si pongono difronte a un presente, prima che al futuro, fatto spesso di lunghissime e vuote ore. Goodluck aveva una sorella in Nigeria: “so che è partita come me per l'Italia. Ho provato a rintracciarla, non so se e dove sia” racconta. Un groppo in gola, gli occhi si abbassano. Poi si rialzano, con la forza di chi ha viaggiato in mare in modo che solo quegli occhi sanno. 

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