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Recessione, 10 anni dopo: cibo mangia scarpe

Le mutazioni dal 2007 ad oggi in uno studio Confesercenti

06 settembre 2017

 

food-2007-2017

Meno commercio tradizionale, più ristorazione e turismo. Dieci anni dopo la grande recessione, iniziata a fine agosto di dieci anni fa, è questo il cambiamento più marcato nel volto delle città italiane. Dal 2007 a oggi, infatti, sono scomparse oltre 108mila imprese del commercio in sede fissa, il 15% del totale. Attività che sono state parzialmente ‘sostituite’ da pubblici esercizi e attività ricettive (+63mila, per un incremento del 16,6%).

 

Uno studio dell’Ufficio Economico Confesercenti, elaborato a partire dai dati Istat e dalle rilevazioni dell’Osservatorio su Commercio e Turismo dell’associazione, evidenzia che il  commercio di tessili, abbigliamento e calzature ha patito il maggior dimagrimento: dal 2007 ha perduto 40mila attività. Forte calo anche per i negozi di ferramenta e materiali per costruzioni (-9.834) e giornali (-3.926); all’opposto, sono aumentate le  tabaccherie (+4.749) negozi di informatica e telecomunicazioni (+2.216) ; imprese  online e vending machine sono oltre 18mila in più. I pubblici esercizi sono cresciuti del 16,8%, hotel e le altre attività ricettive del +14,9%; tra queste, spicca la crescita di b&b e affittacamere. Il fenomeno  si conferma analizzando la sola Toscana: ricettivi e  pubblici esercizi  sono cresciuti rispettivamente di 500 e 4mila unità. 

 

A scendere invece, nonostante la crescita degli ultimi anni, anche il numero di ambulanti (-17.587). A dare un colpo al commercio, oltre la recessione, è stato anche il regime di deregulation dei giorni e degli orari di apertura introdotto a partire da gennaio 2012 dal Governo Monti, contro cui Confesercenti sta lottando da tempo. Una liberalizzazione insostenibile per i piccoli, e che ha favorito solo la grande distribuzione, la cui quota di mercato nel periodo è passata dal 57,7 al 60,2%

 

Lo studio in tabelle: guarda qui

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