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I barman, i drink e la flair evolution

L’innovazione nei pubblici esercizi tra novità e…vintage

15 marzo 2016

 

barman

Non stupitevi se nelle prossime settimane vedrete roteare shaker e bottiglie di seltz in un bar sulla soglia di piazza del Campo. O se nel cuore del Chianti un nuovo locale inaugurerà a colpi di drink acrobatici. A Siena si è appena concluso un nuovo corso per barman, e cinque giovani (età media 24 anni) sono ora pronti a sfoggiare fantasia e professionalità dietro il bancone. A condurre la fase-culmine del percorso da 80 ore, allestito dall’agenzia formativa Cescot, è stato Daniele Fontana, docente di settore con pluriennale esperienza oltre che gestore di un locale sulla costa tirrenica. Con lui,  in particolare, i corsisti hanno approfondito la “flair evolution”.

 

Fontana,  puoi spiegarci in breve di cosa si tratta?

“la  flair evolution è una tecnica sviluppata dagli  showmen negli show bar tender americani. Si è imposta dal 1970 in poi come  evoluzione per la costruzione di un drink, affiancando alla preparazione il concetto dell’intrattenimento del pubblico “.

 

Chi ha dato il via a tutto questo?

“Tutto nasce con il cosiddetto american bar:  precursore fu il professor jerry thomas, famoso negli anni del proibizionismo.  E’ stato lui a definire l’evoluzione nella costruzione nei drink. Il suo più famoso drink fu il  blue laser. Scrisse il primo “manuale del gaudente”.

 

E oggi? Chi inventa cosa?

“Oggi in realtà nessuno inventa niente. Piuttosto, si possono  evolvere tecniche che già esistono. Come nella moda, assistiamo ad  ritorno al passato ma in chiave moderna, rivisitando ricette antiche: si usa definire questo fenomeno “twist on classic”.  Anche a livello di costruzione dei drink (flair) la tendenza attuale è quella di recuperare la strumentazione vintage”

 

Cosa avete approfondito nel corso barman a Siena?

“Il bar tending: le  tecniche di lavorazione e evoluzione. I ragazzi partecipanti sono arrivati a costruire 6 drink in meno di 4 minuti, non dimenticando che  la velocità non deve inficiare il drink. Si tratta di assimilare una tecnica veloce intrattenendo il cliente. Per loro, questa fase del corso bar è un po’ come l’educazione fisica per gli scolari a scuola: si divertono molto. La possibilità di condurre il corso con un numero ristretto di allievi consente una alta  personalizzazione.  Si fa un lavoro  one-to-one”

 

Cosa serve per essere un buon barman?

“basta avere due mani…. le nostre lezioni le definisco   masterclass più che corsi: ogni partecipante deve aver modo di sviluppare a piacimento le nozioni. Tra i partecipanti all’edizione appena conclusa c’è chi ha già un’attività, o chi sta per aprire, chi lavora in locali altrui avviati”.

 

E tu?

“Io? A parte i corsi, gestisco un locale a Grosseto, nel quale naturalmente si fa ricorso a queste tecniche. E siccome la mia compagna ha una scuola di ballo, spesso allestiamo eventi in cui combiniamo le due cose, raddoppiando lo spettacolo!”.  

 

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L'american bar di Daniele Fontana al corso barman Cescot Siena

Dal corso #barman: trenta secondi a tutto flair

Pubblicato da Cescot Siena su Martedì 1 marzo 2016
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