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Dietro la vetrina: Black Friday? C’è chI dice no

In via Montanini la versione-zeta del commercio di moda

29 novembre 2016

 

andrea-leonardi

Il commercio elettronico spazzerà via tutti i negozi, specialmente quelli di moda; portali come Amazon, in particolare sono una minaccia che cresce a livello esponenziale. Tra i negozi fisici sopravviveranno soprattutto quelli con spalle grosse e grandi spazi di vendita; per gli altri non resta che puntare sempre più sulle promozioni, oppure affidarsi a grandi marchi in franchising.

 

Luoghi comuni, anzi sacrosante verità per il commercio contemporaneo. Anche a Siena. Soprattutto in centro. Tendenze incontrovertibili a cui nessuno sembra riuscire a sottrarsi.  O quasi. Perché girando dietro le vetrine capita di imbattersi anche in qualcuno che la racconta diversamente. Andrea Leonardi, classe 1978, una ventina d’anni fa era un buon calciatore, in forze per più stagioni anche all’AC Siena. Due infortuni al ginocchio lo convinsero  a lasciare le scarpette, ma non le scarpe. Per qualche anno è stato commesso in un negozio del centro, poi gestore di alcuni punti vendita per una società del settore. infine, nel 2009, la scelta di fare qualcosa in proprio: Zeta shoes, un punto vendita in via Montanini, tra  lo scetticismo di familiari e conoscenti. “Ebbi la fortuna di trovarmi davanti un’opportunità, uno dei tanti effetti collaterali della crisi – racconta – un fondo commerciale disponibile, secondo le mie esigenze. Ho puntato e insistito sulle scarpe: da quando ero piccino mi hanno sempre incantato, me le guardavo e le tenevo vicine in camera come fossero giocattoli”.  Scarpe furono, e lo sono tutt’ora: femminili, da donna o da teenager, di marca o ‘customizzate’, ovvero sottoposte ad  una personalizzazione che Andrea commissiona personalmente, prima di esporle in vetrina: “cominciai con lustrini e ferro da stiro su un paio di Converse viola, comprate in un negozio di articoli sportivi. L’esperimento andò a segno, così ho proseguito”.  Nel sequel, il negozio-Zeta si è allargato, grazie alla rete: “le prime vendite on line 12 anni fa, quando ci credevano in pochi e meno che mai il mio titolare di allora, tanto che per farle dovevo usare il mio cellulare”.

 

Quanto conta l’e-commerce,  nel bene e nel male?


“Un po’  meno rispetto ai primi tempi, perché ora ci sono arrivati un po’ tutti. Comunque aiuta: lavoro anche tramite Amazon, ho avuto ordini dalla Russia, anche ingenti, e ho mandato 500 paia ad una ragazza che li ha rivenduti al mercatino di Camden town, a Londra. Arrivano anche ordini molto vicini: da Piancastagnaio, per dirne una. Certo è che richiede tempo: foto alle scarpe, prezzi, risposte alle mail. Lo faccio quando in negozio non c’è gente, o dopocena”.

La tua non è un insegna di franchising. Non ti piacciono le ‘catene’?


“No, e neppure le promozioni che queste impongono, come il Black Friday. Se lo vivi passivamente, il commercio cerca di farti essere quello che non sei, magari ti porta a proporre gli stessi prodotti che trovi ovunque. Invece servono scelte personali, pur mettendo in conto di sbagliare qualche volta: d’altronde, se un americano passa davanti alla mia vetrina, perché dovrebbe cercare le stesse scarpe che trova a New york?  Il mio assortimento nasce dall’istinto, cercando di proporre cose che piacciano al cliente, ma prima ancora a chi deve proporle, con coerenza. Vado avanti così da 7 anni, per il futuro non mi auguro tanto di ingrandirmi quanto di riuscire a mantenere questa libertà di scelta”.

 

Qual è il risvolto più ostico di un’attività come questa?


“La parte burocratica, su cui però ho imparato a farmi aiutare. E  la gestione del tempo: fino a un paio d’anni fa in questo periodo andavo avanti un mese di fila a orario continuato, senza nemmeno un’ora di pausa. A volte non ti accorgi che il tempo passa e non hai modo di vivere quello che hai creato. Allora, da quando sono babbo, c’è una figura part time che mi aiuta in negozio”.

 

   Il tempo passa anche per molte vetrine di Siena.


“E si fa strada il negozio globalizzato, impersonale, magari con prodotti di bassa lega. Ma Siena può restare attrattiva solo proponendo un’offerta di qualità, non seriale”.

 

Non è facile, specie se hai un affitto commerciale ingente?


“Non è facile, ma si deve e si può fare. Alzarsi la mattina con la convinzione e  il piacere di farlo non è tutto, ma aiuta”.

 

 

 

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